Posts written by Baciccia_Samp

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    Sottoscrivo in toto l'analisi di Ciano, aggiungendo la postilla che Jorginho è stato schiacciato proprio da quegli interscambi tra Dani Olmo e Oyarzabal nelle sue zone di ricezione ideali, non avendo il riferimento "classico" del centravanti da affidare ai due centrali difensivi si finiva in una sorta di "risucchio" - come detto in TAG, se mettiamo Fornals al posto di Ferran e Ceballos per Pedri, ieri Luis Enrique se l'è giocata col quadrilatero offensivo con cui De La Fuente risolse il problema-nueve della Spagna Under 21 una ventina di mesi fa, sacrificando il disastroso Borja Mayoral dei primi due match contro Italia (aridaje) e Belgio, ed anche allora quel cambio strategico non andò malissimo alle Furie Rosse... D'accordo anche su Saul, visto il coraggio controcorrente palesato alla vigilia poteva provare a fregarsene dell'involuzione patita agli ordini di Simeone, anche se poi si sarebbe ridotto lo spazio per il maghetto di Tegueste
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    "Qualcuno ha notato l'Europeo fatto da un ragazzo di 18 anni di nome Pedri? Nemmeno Don Andrés Iniesta ha fatto cose del genere. Quello che ha fatto in questo Europeo, a 18 anni, non si è mai visto nella storia della competizione, ma anche in quella dei Mondiali o delle Olimpiadi. È qualcosa fuori da ogni logica. Felicissimo che molti salgano sul carro".

    Luis Enrique, conferenza stampa post-partita, a cui si aggiunge (credo) qualsiasi appassionato di calcio
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    Nome: Luis Fernando Díaz Marulanda

    Squadra: Porto (Primeira Liga - Portogallo)

    Data di nascita: 13.01.1997

    luogo di nascita: Barrancas

    Ruolo: Esterno Offensivo

    Nazionalità: Colombiana

    Altezza (m): 1.80

    Peso (kg): 65

    Piede: destro

    Valutazione Transfermarkt: 18,00 mln €

    Scadenza Contratto: 30.06.2024


    Con Luis Diaz la metafora delle prime spedizioni nelle Americhe è piuttosto calzante. Nato a Barrancas, nella penisola de La Guajira che dal continente sudamericano si incunea nel Mar dei Caraibi, Luis Diaz è infatti di etnia Wayuu, conosciuta in Colombia per aver avuto una storia particolarmente bellicosa con l’occupazione spagnola. Le diverse insurrezioni avute nell’arco del ‘700 portarono l’allora governatore spagnolo della regione a descrivere i Wayuu come “barbari, ladri di cavalli, meritevoli di morire, senza Dio, senza legge e senza re”. Una popolazione indomabile il cui carattere è rimasto come un’ombra sulla reputazione di Luis Diaz, che tra i tanti soprannomi che si è portato dietro dalla Colombia ha anche quello di “Cacique” – cacicco in italiano – termine mutuato dalla lingua arawak con cui veniva definito il capo di una comunità indigena in America Latina.

    Luis Diaz in realtà non sembra avere il carisma imperturbabile del capo tribù e con la faccia da bambino, i capelli dritti e la disperazione adrenalinica della corsa è più vicino alla figura mitologica del duende, piccolo demone che abita gli incubi delle leggende latinoamericane e che nella nostra lingua, come dice il vocabolario della Treccani, ha lasciato l’impronta su una parola che definisce il “fascino ammaliatore, talvolta venato di tristezza e inquietudine” oppure “l’estro ispiratore, creativo”. «Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi», ha scritto Garcia Lorca «Vale a dire, non è questione di capacità ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto». Parole che mi sembra si addicano bene ai dribbling istintivi ed entropici di Luis Diaz, che con la palla sembra mettere in scena ogni volta una danza ancestrale ma viva.

    L’origine Wayuu, comunque, non è valsa a Luis Diaz solo l’aura da realismo magico ma anche una via peculiare per arrivare in Nazionale, e quindi anche alla ribalta internazionale. Nel 2015, quando era ancora uno sconosciuto diciottenne nemmeno professionista, Luis Diaz si presentò ad un provino per entrare nella Nazionale indigena colombiana che quell’estate avrebbe partecipato a una specie di Coppa America di categoria. Il selezionatore di quella Nazionale, per qualche ragione, era Carlos Valderrama. «[Luis Diaz] Mi ha subito sorpreso quando l’ho visto nel processo di selezione della Nazionale Indigena», ha dichiarato Valderrama nel settembre del 2017 «Ho detto: “questo farà strada”, e lo abbiamo messo al volo senza pensarci». La Colombia arriverà fino alla finale di quella Coppa, persa contro il Paraguay, per quello che vale – la benedizione del “Pibe” in realtà gli valse soprattutto l’ascesa della sua carriera in Colombia, dove in quello stesso anno venne tesserato dal Barranquilla, squadra satellite dell’Atletico Junior.

    Valderrama non è l’unico ad aver visto l’oro nel futuro di Luis Diaz, che sembra non poter lasciare indifferente chi lo guarda. Già in un vecchio pezzo del 2017 si ricorda di come fosse conosciuto già nel suo quartiere, dove si mormorava che “questo ragazzo arriverà lontano”. In un altro dello stesso anno in cui viene ricostruita la sua infanzia è raccontato invece il momento in cui, a 12 anni, lasciò tutti a bocca aperta in un torneo giovanile con un gol segnato dopo aver dribblato diversi avversari e aver messo la palla all’angolino. Anche al provino con il Barranquilla, nel gennaio del 2015, ci mise poco a convincere chi doveva giudicarlo. «Quando l’abbiamo visto la prima volta non impressionava per il suo fisico», ricorda Fernel Diaz, coordinatore delle giovanili dell’Atletico Junior «Appena è entrato in campo, però, ha stupito tutti. Quelli che lo hanno visto hanno detto: “Questo magrolino ci sa fare”». Ogni volta il suo arrivo in una squadra assomiglia a una specie di epifania. Quando fu convocato in Nazionale maggiore per la prima volta, James Rodriguez lo abbracciò e gli disse che era destinato a grandi cose. Luis Diaz, inevitabilmente, non ci ha messo molto a fare lo stesso effetto anche gli scout delle squadre europee e sudamericane. Dopo tre stagioni, 19 gol e una diffusa impressione che fosse troppo veloce, troppo tecnico per il campionato colombiano, l’Atletico Junior lo ha ceduto al Porto, che per portarlo in Europa ha dovuto battere la concorrenza di Zenith e River Plate.

    Arrivato in Portogallo nell’estate del 2019, per lui non c’è stato bisogno di nessun periodo di ambientamento. Sergio Coinceçao lo ha schierato fin da subito da titolare, forse apprezzandone l’applicazione difensiva e la capacità di risalire grandi porzioni di campo in conduzione, partendo dalla propria mediana. Caratteristiche che per una squadra che ama difendersi bassa e giocare sugli errori degli avversari come il Porto sono presto diventate vitali. Nel gioco di Luis Diaz, però, non c’è nulla di etereo o sensuale, e la sua ammirazione verso i grandi giocatori-artisti del calcio brasiliano contemporaneo (Ronaldinho e Neymar) sembra puramente ideale. L’unico ballo a cui si può avvicinare il suo rapporto con il pallone è quello demoniaco che si vede in molti carnevali delle zone andine del Sudamerica. L’ala colombiana parte da sinistra a grandi falcate ma non ha una corsa levigata da videogioco, con la palla magicamente incollata al piede. Luis Diaz, al contrario, è uno di quei giocatori che con l’istinto riesce a trasformare i propri limiti in un’arma, come se fosse in uno stato di perenne improvvisazione. Quando corre sembra sempre sul punto di perdere il contatto con il pallone fino al momento in cui però riesce a toccarlo evitando l’intervento avversario.

    FONTE & ARTICOLO COMPLETO: https://www.ultimouomo.com/luis-diaz-talen...tto%20diventano

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    Superliga-Brondby-OB-800x450

    Nome: Jesper Grænge Lindstrøm

    Squadra: Brøndby IF (Superligaen - Danimarca)

    Data di nascita: 29.02.2000

    luogo di nascita: Taastrup

    Ruolo: Centrocampista Offensivo

    Nazionalità: Danese

    Altezza (m): 1.82

    Peso (kg): 63

    Piede: destro

    Valutazione Transfermarkt: 7,00 mln €

    Scadenza Contratto: 30.06.2023


    Jesper Grænge Lindstrøm nasce a Taastrup, piccolo sobborgo a 15 km dal centro di Copenhagen in Danimarca, il 29 febbraio 2000. Comincia a giocare a calcio fin da bambino, all’età di tre anni, nella scuola calcio del sobborgo che gli ha dato i natali, il Taastrup B.70. Successivamente ha giocato nel BSI, a Brøndby, e successivamente nel Vallensbæk IF. A 13 anni è entrato nel settore giovanile del Brøndby, una delle più importanti squadre di Copenhagen e dell’intero calcio danese.

    Fa tutta la trafila delle giovanili dall’under 13. Nella stagione 2017/18 è parte integrante della formazione under19, e esordisce anche con la squadra Riserve. Nell’under19 è spesso titolare, venendo utilizzato spesso come centrocampista centrale, mediano o esterno: la sua stagione è particolarmente positiva gioca 19 volte con la compagine giovanile, segna 5 reti e fornisce un assist. Nella squadra riserve colleziona 6 presenze e 2 reti.

    Nel 2018/19 è grande protagonista della stagione dell’under19. Nel ruolo di trequartista si esalta, gioca 17 partita, segna ben 11 reti e distribuisce 3 assist. Anche in questa stagione viene saltuariamente aggregato alla formazione riserve, dove in 7 presenze segna 5 reti. Il talento è ormai indiscusso, tanto che viene fatto esordire anche tra i professionisti, giocando 10’ con la prima squadra nella Sydbank Pokalen, la Coppa Nazionale.

    Jesper è pronto per il salto. Nella stagione 19/20 entra a far parte della prima squadra regolarmente, non abbandonando però né la formazione riserve, né l’under19. Gioca 33 partite con la prima squadra, suddivise tra Campionato (compresa la fase finale), Coppa Nazionale e preliminari di Europa League. In campionato, forse condizionato anche dal ruolo non suo, quello di ala sinistra, dove gioca stabilmente quando entra, segna solo 3 gol e fornisce 3 assist. Decisamente più redditizio il suo utilizzo in Europa, dove in 4 presenze segna anche 2 gol e fornisce un assist. Nella formazione riserve e in under19, la sua posizione viene avanzata ulteriormente, e Jesper si ritrova a giocare come seconda punta, ruolo che si dimostra comunque poco congeniale nonostante un buon rendimento.

    La stagione della definitiva consacrazione è questa, quella in corso, Jesper diventa titolare inamovibile del Brøndby, giocando in un ruolo ibrido da mezzala/trequartista, sta infatti trascinando la squadra di Copenhagen che si trova primo, a pari punti con i campioni in carica del Midtyjlland. Lindstrøm è capocannoniere del torneo con 8 reti nelle prime 13 partite e ha fornito ben 4 assist, numeri che lo attestano oltre che capocannoniere anche come giocatore più decisivo del campionato avendo messo lo zampino in ben 12 reti, a fronte delle 26 totali dei Ragazzi della Periferia Occidentale.

    Con le Nazionali ha giocato prima con l’under19 per 3 partite, poi con l’under21, 4 partite e 2 reti, mentre di recente lo scorso 11 novembre ha esordito nella Nazionale maggiore.

    181 cm x 63kg, ha una struttura fisica snella, con una muscolatura affusolata negli arti inferiori, e piuttosto asciutta negli arti superiori. Questa struttura fisica, a fronte di una stazza media né da brevilineo, né da longilineo, gli permette di essere piuttosto agile negli spazi stretti e di produrre una buona velocità nella corsa sia sul lungo, che sul corto. Fisicamente insomma sembra ancora doversi sviluppare completamente, avendo ancora un fisico piuttosto gracile se lo si immagina in campionato più importanti di quello danese.

    Destro naturale, dotato di ottima tecnica individuale, controlla e conduce il pallone soprattutto col suo piede preferito, tuttavia è in grado di usare con disinvoltura anche il mancino. Nato centrocampista centrale puro, nel corso degli anni Jesper è stato avvicinato alla porta, in virtù di una buona vena realizzativa. L’esperimento come punta, sia per gli spazi più ristretti, sia forse per un fisico non adatto a sgomitare tra i difensori, è fallito. Lindstrøm ha trovato la sua naturale collocazione in questa stagione in una posizione ibrida, nella quale in fase di non possesso si schiera come mezzala sinistra e quando è in possesso diventa un trequartista puro (alle spalle di due punte).

    Jesper ha mostrato tra fine della scorsa stagione e l’inizio dell’attuale una naturale abilità nell’andare ad occupare gli spazi tra le linee di difesa e centrocampo lasciate vuote dall’avversario. In particolare, spesso lo si vede ricevere al limite dell’area sia centralmente, che sull’esterno, pronto per inventare una giocata vincente per un compagno o per andare alla conclusione. Infatti, Jesper è in possesso di un repertorio di giocate piuttosto ampio. Grazie alla visione di gioco verticale, è in grado di servire i compagni in profondità sia con delicati filtranti, sia con traccianti lunghi che spezzano la linea difensiva avversaria. Inoltre, è un pericolosissimo finalizzatore. Lindstrøm, non è a caso in testa alla classifica marcatori del campionato in questa stagione, durante la sua carriera ha sempre mostrato di aver un particolare feeling col gol: nelle suo bagaglio tecnico-tattico ci sono le conclusioni dalla medio-lunga distanza, con le quali spesso e volentieri ha colpito i portieri avversari e c’è anche una perfetta conoscenza dei tempi d’inserimento in area di rigore, con i quali spesso ha realizzato reti arrivando in supporto agli attaccanti ed intercettando efficacemente i cross dall’esterno.

    Se il suo gioco negli spazi stretti sembra piuttosto sviluppato, anche negli spazi aperti il trequartista danese si è distinto in maniera eccellente. Partendo dal ruolo di mezzala sinistra in fase di non possesso, più volte si trova a condurre i contropiedi della squadra e grazie alla velocità prodotta negli spazi larghi e la notevole visione di gioco ha spesso creato chances da rete per la squadra. Potenzialmente si tratta di un trequartista completo, con doti di rifinitura e realizzative fuori dal comune. Tuttavia, nel suo gioco mostra ancora delle carenze: sul piano fisico a fronte di una buona statura è ancora indietro dal punto di vista muscolare ed infatti molto difficile se non impossibile vederlo colpire di testa, debolezza che ne limita la possibilità di inserirsi efficacemente quando il cross è alto. Dal punto di vista tecnico e tattico Lindstrøm ha ancora da acquisire esperienza soprattutto nella gestione del gioco, spesso infatti, lo si nota fare errori banali per la voglia di strafare o esaurire le energie troppo presto nel corso della partita perché è un moto perpetuo. In queste situazioni Jesper perde lucidità venendo talvolta sostituito nel finale.

    Il suo prezzo, secondo le indiscrezioni è di circa 7 milioni, ma c’è da immaginare che se dopo la pausa invernale Lindstrøm sarà ancora un giocatore del Brøndby, il suo prezzo incrementerà ulteriormente. Oggi si tratta di un talento grezzo, col potenziale per giocare in Serie A, Premier League o Bundesliga, ma è necessario ancora un gran lavoro per renderlo efficace e decisivo come in Superligaen, dove è oggi il miglior giocatore.

    FONTE: http://www.1000cuorirossoblu.it/news/59-bo...esper-lindstrom

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    Quando (e se, compito arduo in questi mesi per me...) trovo tempo provo a buttare giù una sorta di pagellone onnicomprensivo, ma secondo voi possiamo dire che per quanto visto sino ad oggi Italia-Belgio è nettamente la finale anticipata tra le due squadre migliori viste in queste due/tre settimane di torneo (personalmente aggiungerei anche sprazzi di Danimarca, ma ci siamo capiti)?
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    La roba davvero "divertente" (ma sarebbe meglio sostituire deprim- a divert-...) è che questo gruppo di indolenti rinunciatari, figli culturali dell’opulenza globalista (?!?!), che non provano vergogna nel farsi fotografare in una vasca come fashion-froci mechati e patinati ma soprattutto, diciamola tutta, sporchi negri che imbastardiscono la purezza d'Albione (magari studiare la storia sullo stanziamento delle popolazioni celtiche aiuterebbe...) ormai da un decennio (vado a memoria, ma in Russia si permisero di presentarsi addirittura in undici su ventitré, che oltraggio!), se non si suicideranno contro una modestissima versione dell'Ucraina, finiranno per la seconda volta consecutiva tra le prime quattro di una manifestazione internazionale dopo aver dominato a livello giovanile e fatto risorgere un movimento incancrenito che oltre a cantare l'inno con fierezza e spezzare caviglie agli avversari, non sapendo domare quella stramba sfera di cuoio in altro modo, ha fatto RIDERE IL MONDO per un trentennio buono (e mi tengo basso) dopo aver rubacchiato un Mondiale casalingo ed aver subito una lezione di calcio appena una ventina di mesi dopo da quella banda di zingari ingrati guidata dal saltatore di birilli statici (ma patriottici, ci mancherebbe) nomato Dragan Dzajic...

    Porca troia, siamo giunti nel 2021 e ci trastulliamo ancora nel tirar banane a Viv Anderson o nel non esultare se John Barnes dribbla tutti al Maracanã mentre sugli spalti sparuti coglioni del National Front lo dileggiano... L'Orgoglio Patrio (!!!), nel 2021 :face:
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    CITAZIONE (Hero of Sky @ 29/6/2021, 11:53) 
    www.rivistacontrasti.it/inghilterr...premier-league/ non sorprendentemente, mi trovo d'accordo anche con le virgole

    Appppperò, una variegata accozzaglia (dài, l'avrai mica scambiato per un articolo?!) di luoghi comuni e "concetti" (?) buttati lì un tanto al chilo in una maniera che avrebbe imbarazzato persino Francesco Borgonovo, noto produttore di letame confezionato à la Manzoni (Piero): se ne sentiva davvero il bisogno, grazie a te ed al prode Lorenzo Ottone, soprattutto per la mancanza di vergogna
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    Purtroppo è un'onda che non si può arginare, e la presunta "rivoluzione" richiesta dai super-debitari aka gestori incompetenti (perché di questo si tratta: non se ne salva mezzo, persino tra i tedeschi) rappresenterà solo la definitiva caduta del velo di pelosa ipocrisia che ammanta un prodotto (perché, aridaje, di questo si tratta) che di equo, sostenibile, popolare e chissà quale altra minchiata non ha niente da venticinque anni a questa parte, e giusto per tenersi bassi con la storicizzazione. Probabilmente non è neanche un male, nel senso che lo spartiacque-Bosman era un qualcosa che nel mondo attuale non si sarebbe più potuto procrastinare, e tutto ciò che ne è scaturito (nel combinato disposto con l'esplosione dapprima del mercato televisivo, ed oggi delle nuove piattaforme) era solo una logica conseguenza.

    Nel bene come nel male, la mia mente mi suggerisce che il treno della globalizzazione non lo puoi fermare, mentre il cuore mi sussurra all'orecchio le parole di Jurgenio (magari non in toto, visto che anche il digrignatore di denti tiene famiglia...) e mi esorta a recuperare i filmati che mi spinsero in passato ad amare questo sport (trovassi la vhs di Anderlecht-West Ham 1976 sarebbe mica male, peccato che poi toccherebbe trovarmi un videoregistratore...). Nel frattempo, tra i chilometri di inutile retorica che hanno soffocato le cronache in queste ultime quarantott'ore, vi invito a leggere questo articolo, da cui stralcio questo sacrosanto dato di fatto (postilla a margine: agli smanettatoni devoti alla religione "Grandi Club = Grande Spettacolo", faccio sommessamente notare che al quindicesimo Real-Liverpool, oltre all'ignobile "gioco" presentato dai protagonisti, ti rompi le balle a causa del deja-vù tanto quanto il decimo Olympiakos-CSKA nella fu emozionante pallacanestro, la quale quantomeno si difende per caratteristiche di intrinseca spettacolarità di natura oserei dire ontologica...):

    "Il modello-Uefa innescava un circolo virtuoso (bacino – competitività – partecipazione Champions – risultati Champions – ricavi – capacità di investimento sul calciomercato – maggiore competitività – allargamento del bacino) che ha tagliato fuori le società meno ricche, concentrando ricavi e titoli in una élite. Ne è conseguita una perdita tangibile di incertezza. Nel decennio 2009-2019 l’82,5 per cento delle semifinaliste Champions League appartiene alla top-10 della Money League, il 97,5 per cento alla top-20 e, in termini geografici, il 97,5 per cento proviene da campionati Big-Five. Nel decennio precedente, il ventaglio delle semifinaliste era decisamente più ampio, includendo club come Leeds, Porto, Valencia, PSV Eindhoven, La Coruna, Villareal, Bayer Leverkusen, Monaco, mentre nel 1989-1999 addirittura una su quattro proveniva da leghe non-Big-Five.

    Anche nei campionati, una squadra (la Juve) ha vinto gli ultimi 9 scudetti in Serie A, in Germania il Bayern gli ultimi 8, in Francia 7 degli ultimi 8 il Psg, mentre in Spagna solo un anno, negli ultimi 15, l’Atletico ha spezzato il duopolio Real-Barça"


    FONTE & ARTICOLO COMPLETO: https://www.lavoce.info/archives/73723/vin...7b5yTJePrTBLzwU
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    Discreto manageriale, vi lascio il link e la descrizione - di buono c'è che non c'è nulla da pagare né da scaricare, certo bisogna fare un po' di pratica per capire come funziona l'editor tattico, ed all'inizio ci vuole taaaanta pazienza

    LINK SITO UFFICIALE


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    Il post di Ciano è da applausi, ci fossero due pollicioni da accendere li userei senza avarizia, giacché ho provato autentica goduria intellettuale nel leggerlo pur avendo un’opinione molto precisa su cholismo & affini (credo si possa intuire, non serve scendere in dettagli). Sul quarto di finale che dire, a memoria è stata in assoluto la peggior prestazione dei Colchoneros nell’ultimo triennio (mi tengo basso); al netto di un calcio assolutamente ingiudicabile seguendo qualsiasi parametro classico (la differenza di condizione fisica mai come in questo post-covid sta facendo sentire il suo peso, come dice Albo sardonicamente “è calcio d’agosto”, il fatto poi che le tedesche sarebbero arrivate meglio di tutti, le spagnole molto meno e le italiane sfibrate era una roba talmente evidente e prevedibile che tuttora mi chiedo cosa diamine guardino i nostri analisti da mass media, secondo cui le nostre avrebbero avuto addirittura il vantaggio del rodaggio rispetto a squadre che non giocavano da settimane se non mesi :face: per ritornare su questa partita, a marzo l’Atletico avrebbe eliminato il Lipsia 110 volte su 100 tentativi, garantito al limone), ciò che a mio avviso va sottolineato è la débâcle tattica di Simeone, il quale ha toppato proprio nell’aspetto in cui spesso ha primeggiato rispetto all’avversario, ossia la lettura preventiva delle situazioni in cui scegliere di “soccombere” per poi avere vantaggi negli aggiustamenti posizionali da attuare in fase difensiva.

    Banalmente basterebbe dire che se fai catenaccio e nonostante questo riesci ad essere SEMPRE in inferiorità numerica praticamente ovunque sul campo a naso hai sbagliato qualcosina (…), ma è interessante capire come possa essere successo: la fluidità con cui Nagelsmann ha impostato una sorta di 3-3-3-1 in cui Laimer passava da mediano a quinto di centrocampo a seconda della fase di possesso (il vero “presidiatore” centrale è stato Kampl, equilibratore diligente del sistema), Olmo e soprattutto Sabitzer si scambiavano i compiti e con i loro movimenti ad elastico entravano dentro al campo e/o davano ampiezza, mentre a turno il terzo di difesa si sganciava in avanti per riempire l’area (marchingegno tattico ormai piuttosto consueto nel panorama continentale, ma senza avventurarci troppo lontano citofonare Gasperson… Il gol che ha sbloccato il match è nato proprio dal coraggio di Halstenberg nello spezzare le linee di pressione avviando l’azione con una conduzione volendo anche rivedibile). Il risultato? I proverbiali raddoppi laterali dei madrileni sono andati a farsi benedire, ed anche nelle rare volte in cui si riuscivano ad occupare gli spazi da coprire in maniera accettabile (anche grazie ai limiti tecnici dei tedeschi, calciatori globalmente piuttosto ordinari checché ne dicano gli intenditori; d’altronde intuire i corridoi di passaggio ideali è roba per quelli forti veramente), ai lattinari bastava tornare indietro e ricominciare, tanto quelli in maglia nera tendevano ad allungarsi girando a vuoto aggredendo male in avanti con un pressing totalmente scoordinato sulla prima costruzione causa (anche) pedine inadeguate.

    Se la succitata condizione fisica t’impedisce di conquistare una diamine di seconda palla e ti ritrovi otto uomini (!) nei tuoi trenta metri difensivi, il minimo che tu possa fare nella fase attiva (taccio sullo spreco del povero Saul...) è ricercare un uomo tra le linee (strano il baricentro si sia alzato con Joao Felix, ma chi l’avrebbe mai potuto immaginare…) per accorciare le distanze chilometriche con gli attaccanti (sulla scelta degli uomini stendiamo un velo pietoso… Llorente manco lo commento, c’è chi ha vinto una partita schierando Icardi ala senza che nessuno gli stracciasse il patentino al fischio finale, mentre l’insistenza per Cagno Costa, specie quando ti ritrovi contro Upamecano, giocando di fatto in dieci per settanta minuti, è un qualcosa al confine tra la patologia ed il masochismo puro, son bastati un paio di movimenti tutto sommato grossolani azzardati da Morata per far emergere il reale valore del toppppleier difensivo transalpino) e provare a creare almeno un grattacapo su una catena laterale, specie a sinistra. Lungi da me snocciolare dati da ultimouomista, ma quasi tutti i già sparuti key-passes son arrivati da Renan Lodi: come è possibile che una volta uscito Laimer il Cholo non sia riuscito ad intuire il possibile mismatch (Adams è un semi-pupillo, ma oltre che meno smaliziato è molto più internal minded nell’approccio rispetto all’austriaco, infatti ci si aspettava entrasse Mukiele per tamponare l’unica ma palese falla del piano strategico nel momento di maggiore difficoltà del Lipsia), insistendo maggiormente sugli interscambi tra il brasiliano e Carrasco, specie quando Sabitzer non ne aveva più per dare una mano? Mistero della fede.

    Poi vabbé karma is a bitch e ti ritrovi eliminato proprio sul tuo territorio di battaglia, ovverossia da una compagine che la porta l’ha vista pochissimo (guanti immacolati per Oblak, ma come dicevo la qualità degli interpreti è quella che è: ormai in queste coppe europee con le loro formule ridicole possono far bene cani e porci, ma per trovare una semifinalista di Champions dal livello tecnico tanto basso temo bisogna restare in Germania e risalire a nove anni fa: sarà mica che quando i valori della rosa latitano avere idee tattiche aiuti un pelino, si voglia chiamarlo gegenpressing o meno?...), inflessibile nel commettere più falli (taluni di mera intimidazione, chiedere conferme a Lodi), brava perlopiù a speculare sulle seconde palle, massimizzando una ripartenza conclusa da un tiro mal calibrato e da una deviazione che ha messo fuori causa il portiere, ma se Lipsia-Atletico Madrid è terminata 2-1 in modo se vogliamo casuale, il resoconto della sfida Nagelsmann-Simeone è un impietoso eppur netto 5-0.
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    Due nomi che ci stanno, anche se Jules non è un fenomeno di atletismo come loro - per quanto concerne il modo di interpretare il ruolo, mi sento di scomodare un'altra pippa: Thiago Silva. Una cosuccia da niente, visto che a mio modesto avviso il brasiliano è stato per distacco il miglior difensore centrale della sua generazione, e non c'è collezionista di tituli e/o recordman di Champions & affini che possa reggere il confronto individuale, ma a prescindere da questi discorsi l'ho citato solo perché tra tutti i profili giovani lui mi sembra quello superiore a tutti nelle letture, specie su quelle da "improvvisare" al momento, giacché offre (quasi) sempre la sensazione di avere il cervello collegato col resto del corpo.

    Purtroppo però l'handicap strutturale costituito dal fisico permane: non si tratta banalmente soltanto del gioco aereo (dove riesce a sopperire grazie a un tempismo che farebbe invidia a molti inguardabili perticoni miracolati da madre natura; certo poi quando dal corner deve arginare un cristone del Copenhagen che arriva in corsa ad impattare la sfera so' cazzi...), ma proprio della forza d'urto; sia in Ligue 1 che in Spagna spesso ha incontrato difficoltà quando un centravanti smaliziato lo utilizzava a mo' di perno per schiacciarlo a ridosso dell'area piccola. Insomma, talvolta la stazza ridotta tende ad inficiare anche la suddetta intelligenza posizionale, nel senso che in taluni frangenti sembra lasciarsi ingolosire dalla palla quasi per necessità (aspetto positivo quando si tratta di proteggere meramente la porta sguarnita, in questo senso è il miglior amico dei portieri spericolati nelle uscite - Costil dovrebbe pagargli più di una cena - ), accettando show rischiosi alla ricerca dell'anticipo più per "scappare" dai mismatch fisici che a causa di errori nella valutazione; se soffri maggiormente Dzyuba o Sotiriou (ed anche in alcuni contrasti con Cagno Costa pareva rimbalzasse) rispetto a Cavani o Mbappe certi dubbi tendi a porteli...

    Al netto di tutto, però, a me il ragazzo piace molto anche sul piano della personalità: oltre al mal di mare che gli fece venire Matheus Aias in Copa Del Rey, firmando una clamorosa eliminazione agli ottavi (a memoria, la peggior prestazione che gli ho visto fare nell'ultimo biennio) senza offrirgli punti di riferimento per l'intera prima frazione, un paio di mesi prima ha reagito molto bene all'esordio-shock in campionato (il quarto d'ora scarso con l'Espanyol per guadagnare tempo verso il fischio finale manco lo considero) sul campo dell'Eibar, allorquando subentrando all'infortunato Carriço con il Siviglia in vantaggio 2-0 a metà ripresa si è presentato ai nuovi tifosi intervenendo troppo energicamente su Orellana neanche due minuti dopo, causando il rigore e di fatto l'inizio dell'inesorabile rimonta druida (2-3 il risultato finale). Una roba del genere taglierebbe le gambe al più esperto degli stopper, lui invece da quel momento si è preso il posto da titolare mettendo a tacere i dubbi degli scettici. Nel desolante panorama attuale, laddove tra i coetanei basta essere un culturista prestato al calcio per giustificare quotazioni di mercato ai limiti della pura idiozia, fatta salva la gracilità me pare essere potenziale da top. Sì, intendo anche come risposta a Lenglet in un'ipotetica coppia tutta transalpina in maglia blanca con Varane
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    Ieri sera ammirando quell’aborto di squadra nomato Getafe, nella fattispecie le sinuose discese sull’out destro dell’elegante Nyom, mi sono ricordato di questo vecchio pupillo che tanto mi aveva colpito qualche anno fa e quasi per caso, nel senso che la prima volta lo vidi in una prestazione da 4 in pagella (ad esser magnanimi) contro la MSN (in realtà priva di Luisito, mi pare ci fosse El Haddadi) al Camp Nou.

    In apparenza sembrava un terzino totalmente spaesato, privo di qualsiasi concetto sul posizionamento e del tutto indifferente ai movimenti in sincronia della linea, eppure mi aveva sorpreso il coraggio di cercare sempre e comunque l’anticipo (una roba che di solito detesto) malgrado si trovasse di fronte Neymar, anche perché poi le (rarissime) volte in cui gestiva la palla si intravedeva una personalità ed una discreta consapevolezza nella visione degli spazi. La stazza ridotta poi era ingannatrice: fisicamente era in grado di tenere botta nei contrasti, anzi grazie alla forza nelle gambe talvolta sembrava persino “invitare” l’avversario a venirgli addosso, una volta presa posizione, e palesava un incedere fatto di piccoli passettini ma ad altissima frequenza, una peculiarità che unita alla buona confidenza con il piede debole rendeva arduo rubargli il prezioso attrezzo del mestiere, specie nello stretto o sulle improvvise sterzate.

    Appuntato il nome “silenziosamente” (dire che mi era piaciuto a seguito di una sessione di gangbang blaugrana poteva suonare ambiguo, ai tempi circolava ancora Magnus ed era un attimo degenerare), l’avevo seguito per un annetto e continuavo a trovarlo interessante ma utilizzato totalmente ad minchiam, ora a “coprire” (…) le spalle a Wanderson, ora finalmente avanzato… ma troppo largo (!), da esterno offensivo puro la cui tendenza a rientrare veniva castrata dalla presenza di Sarabia nelle zone di ricezione ideali in appoggio al centravanti, salvo poi finire addirittura all’ala sinistra (il mio disprezzo per Bordalas arriva da lontano…), ovviamente da tornante mascherato, laddove quantomeno rinculando sul destro oltre a ricercare in prima persona il palo lungo (citofonare Cadiz) era in grado di guadagnarsi (invero a fatica, causa coperture da assicurare) le mattonelle centrali per sfoderare la specialità della casa, ovverossia quelle stesse imbucate in verticale che tanto faceva fatica a leggere da laterale basso alle sue spalle.

    Sparito totalmente dal mio radar personale (i maledetti Azulones lo sbolognarono non ricordo manco dove, ma sempre in quella Segunda División da cui si erano tirati fuori per il rotto della cuffia alle spese del Tenerife; va detto che, a loro volta, l’avevano comunque riciclato dall’umido del Real Madrid, ben prima che compisse i diciotto anni), in questa stagione sono riuscito finalmente a rivederlo in un contesto più consono alle sue qualità (il Norwich era una delle pochissime compagini di Premier ad avere un minimo di idee nel gioco, poi gli elementi che le applicavano erano quelli lì e si ritorna lesti in Championship…): purtroppo veniva impiegato ancora da esterno molto alto, ma se non altro in quella sorta di 4-2-3-1 i trequartisti laterali tendevano a stringere molto per lasciare campo libero alle discese dei fluidificanti (aiutandoli sui raddoppi in fase passiva: uno dei segreti di qualche amnesia di troppo del buon Aarons sfuggita agli osservatori distratti era proprio il mazzo che si sobbarcava Emiliano…) e supportare i mediani nella costruzione bassa, occupando i famigerati spazi intermedi da cui si generavano tutte le migliori occasioni dei Canarini. Personalmente sarei ancora più drastico, nel senso che per me Buendia era in Spagna ed è tuttora una mezzala di costruzione creativa seppur non radical chic: può sacrificarsi senza pigrizie di sorta e sporcarsi le mani quando il pallone lo gestiscono gli altri. E sì, qualora qualcuno se lo stesse chiedendo, è in assoluto il primo giocatore dei gialloverdi che “salverei” dai meandri della seconda divisione albionica, specie se sulla mia maglia al posto di quel verde vi fosse un rosso…
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    Confesso che avrei voluto aspettare quantomeno domani prima di rispondere alla domanda di Fede sui "nuovi" brasiliani della colonia ucraina, ma poi ripensandoci si può rischiare: nella peggiore delle ipotesi, un passaggio del turno per Chiesalo & C. sarebbe sì sgradito, ma non da taglio delle vene. Scrivo in questo topic perché al momento è quello che mi convince maggiormente: Dodò dovrà assimilare ancora parecchi rudimenti (suppongo l'abbiate sospettato contro l'Atalanta...) prima di risultare presentabile in fase difensiva (come Marquinhos Cipriano, d’altronde, che stanno provando a trasformare in terzino pur essendo di fatto un’ala), ma a prescindere da quello ho il timore che la possanza (…) da Natanael de’ noantri possa comunque precludergli l’accesso ai livelli superiori. Sia chiaro, anche nel caso di Marcos Antonio c’è ancora parecchio da lavorare/sgrezzare/limare, ma le premesse sono abbastanza incoraggianti (per quanto anche con lui Madre Natura avrebbe potuto essere un attimo più generosa in materia di centimetri e soprattutto muscoli: ammazza che avarizia con quelli dotati di piedi mediamente dritti…).

    Mezzalina di discreta personalità, si sta gradualmente guadagnando i galloni da titolare (a proposito, qualora vi capitasse di entrare nel magico mondo degli streaming orientali, buttate un occhio anche sul pronunciabilissimo mancino Oleksandr Pikhalyonok: siamo a chilometri di distanza dal nostro Ruslano, ma sembra essere qualcosa di più gradevole del vellutato Stepanenko), specie dopo il convincente subentro grazie a cui i Minatori son riusciti a ribaltare la Dynamo a fine maggio. Sapete che non amo i paragoni, ma se proprio mi dovessero puntare la pistola alla tempia direi s'intraveda qualcosina di Haidara, con una spruzzata di tecnica in più e qualche gradazione inferiore (diciamo parecchie, ad oggi) di impatto fisico, sia in termini di struttura naturale che di “presenza” all’interno del match, per tacer dell’esplosività. Cosa manca in particolare? In chiave di sviluppo della manovra è ancora acerbo, tende a ritardare i tempi di rilascio del pallone e ciò talvolta pregiudica la velocità della stessa, oltre ovviamente a creare pericoli in caso di pressione avversaria nella costruzione dal basso (beccandosi anche qualche cartellino gratuito per porre rimedio ad una lettura superficiale). Inoltre, si può senz’altro migliorare nell’accompagnamento delle trame offensive, ma a naso credo sia proprio un discorso di timing da acquisire negli inserimenti senza palla grazie ad un minutaggio via via più robusto; non a caso con il maggior utilizzo accordatogli da Luis Castro recentemente si sono riscontrati progressi, specie quando riesce a recepire gli inviti in taglio di Taison (vedasi le convincenti esibizioni con il Kolos Kovalivka). Peraltro a memoria non ho mai avuto modo di vederlo in Sudamerica, ma secondo me a quelle latitudini era abituato a giocare molto più bloccato, magari da volante, si intuisce in alcuni posizionamenti e nella ricerca di alcune zone di ricezione.
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    Stimolato in privato dal Maestro (sempre sia lodato :ave: ) mi sono divertito ad analizzare la classifica cannonieri complessiva del campionato in questo “biennio del VAR” spurgando i dati assoluti (non si tratta meramente dei gol su azione, visto che sono conteggiati anche quelli segnati dalle punizioni: in sostanza, ho solo cancellato l’assurda messe costituita dai calci di rigore realizzati), ed è venuto fuori quello che già avrei detto ad occhio nudo, ossia senza l’ausilio dei numeri precisi: nonostante quest’anno abbia dovuto dividersi il minutaggio con il connazionale Muriel, nessuno ha segnato quanto il colombiano. Per i curiosi, metto in spoiler la classifica che comprende tutti i calciatori in grado di raggiungere la doppia cifra (è fatta in maniera artigianale e spero di non aver dimenticato nessuno, anzi se notate errori segnalate senza indugio), ricordandovi ovviamente quanto TUTTE le statistiche vadano pesate e contestualizzate (basterebbe cercare lo scarso piazzamento del ben più decisivo Dybala o il fatto che Pitalek riesca a mantenere una “meritatissima” casella in Top Ten…)

    39 Zapata

    35 Ronaldo

    33 Immobile

    32 Caputo

    28 Milik

    27 Ilicic

    25 Dzeko

    24 Mertens

    23 Quagliarella

    21 Piatek

    19 Belotti – Berardi – Joao Pedro

    18 Gervinho – Muriel – Simeone

    17 Lukaku – Martinez – Petagna

    16 Caicedo – Lasagna – Orsolini – Pavoletti

    15 Chiesa

    14 Boga – Correa – Dybala – Gabbiadini – Gomez – Higuain – Okaka – Pasalic

    13 Defrel – De Paul – Pandev

    12 Cornelius – Gosens – Insigne – Milinkovic Savic – Nainggolan

    11 Calhanoglu – El Shaarawy – Inglese – Rebic

    10 Caprari – Kolarov – Kouame – Kurtic – Lapadula – Palacio – Zaniolo – Zaza


    Quello che mi interessava maggiormente era aprire/stimolare un dibattito sulla reale consistenza del calciatore: a mio avviso sottovalutato ai tempi (quando si riuscì a firmarlo per la Sampdoria pensai in cuor mio ad un colpaccio, economico e non), temo che adesso si corra il rischio inverso di sovrastimarne eccessivamente il peso specifico. In soldoni: a vostro avviso è da grande squadra? Potrebbe adattarsi a svariati sistemi di gioco? Nel frattempo, io continuo il mio personalissimo rosario di bestemmie biennali che passa da Giampy (stendiamo un velo pietoso sull’utilizzo…) ed arriva alle mosse geniali degli strateghi Sabatini ed Osti, strepitosi nel dilapidare pedissequamente le intuizioni dello scouting :face:
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    Ieri in TAG mi sono divertito a perculare un po’ il Maestro, facendo notare che una quota-Scudetto così bassa non si vedeva dal 2011, ossia dagli 82 punti del Milan (i medesimi dell’Inter dodici mesi prima): prima che Egli si faccia esplodere fuori i cancelli della Continassa al grido di “Coman Akbar!”, ricordo sommessamente che una mera analisi quantitativa sarebbe comunque fuorviante, nel senso che in rapporto agli ultimi due impegni affrontati in palese surplace dalla Juventus (scelta a mio modesto avviso discutibile, riattaccare la spina non è mai automatico…) la celeberrima “impresa” della Reggiana a San Siro datata 1994 fu una partita vera (…), per tacer di quella cosuccia mai vista nella storia del calcio, ossia quella finta pandemia scatenata dai migranti e dal governo ladro (…) che ha sfalsato qualsiasi tipo di raffronto serio ed oggettivo. Certo, un solo punto di distacco dalla seconda era una roba che non capitava dal 2002, ossia da quando la nostra massima serie era ancora qualcosa di sensato (diciotto squadre, quattro retrocessioni: cazzo, datemi una DeLorean…), ed in quest’ottica vorrei invitare il prode Andonio a recitare un bel rosario di mea culpa, prima di sparare bordate (alcune invero meritate) verso la dirigenza cattiva: in Coppa Italia mi era sembrato evidente che i nerazzurri stessero meglio (persino l’eliminazione subita dal Napoli poi vittorioso è stata abbastanza casuale, se poi concedi un contropiede da oratorio…), Fabro credo ricordi i discorsi fatti in TAG, eppure nonostante questo si sono rivelati incapaci di mettere davvero pressione ai bianconeri nei momenti topici, lasciando questo ingrato compito alla povera Atalanta (lontanissima parente della compagine ammirata sino a febbraio, checché ne dicano i media: oltre ai ritmi la qualità di gioco è regredita). Poi per carità, se i sanguinosi punti casalinghi lasciati per strada contro Sassuolo e Bologna (per tacer di Verona) son colpa del calendario o della società che non ha protetto la squadra alzo le mani, evidentemente la celebratissima fase difensiva ha funzionato a meraviglia…

    A prescindere da quanto accadrà stasera (Juric condannerà il suo Sacro Grifone? Mmmh me pare essere arduo…), la quota-salvezza mi sembra in linea con quella degli ultimi anni, visto che anche nel remoto caso di doppia sconfitta per giallorossi e rossoblu saremmo comunque sopra la soglia minima costituita dai 34 punti del Sassuolo nel 2014 e dell'indimenticabile Crotone di Falcigol nel 2017 (anche basta con ‘sta leggenda metropolitana dei 40 punti indispensabili: è l’ottavo campionato consecutivo che ci si salverà mettendo insieme meno fieno in cascina, anzi nei sedici tornei in cui si è passati a questa dannata formula a venti squadre soltanto in cinque occasioni la quartultima è riuscita a toccare la fatidica soglia, e per ironia della sorte le ultime due a farlo son state proprio il Lecce nel 2011 ed il Genoa l’annata successiva).

    Il vero dato significativo è (vivaddio) il poderoso innalzamento del limite per guadagnarsi l’accesso alla fu gloriosa Champions League: un quarto posto da 78 punti non si era mai visto, neanche in epoca di Calciopoli (la Fiorentina senza penalizzazione si era fermata comunque a 74 nel 2006, giusto per offrire un termine di paragone), ed anzi se si eccettuano gli exploit della Roma di Garcia e Spalletti (80 nel 2016) e del Napoli di Sarri (ben 86 nel 2017), la Lazio oggi quarta sarebbe stata terza in tutti questi scintillanti campionati a venti squadre (nel 2007, nel 2009, nel 2011, nel 2013 e nel 2015 addirittura vice-campione d’Italia, vedere le statistiche per credere…). Insomma, per farla breve i numeri confermano quello che già si era intuito ad occhio nudo, ossia il fatto che questo campionato sia stato uno dei più equilibrati dell’ultimo ventennio: che ci siano FINALMENTE i primi concreti segnali di un livellamento verso l’alto?

    Edited by Baciccia_Samp - 2/8/2020, 13:28
1334 replies since 24/8/2013
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